In quale stadio di vita si trova il nostro Profeta?

Dettagli della domanda


– Secondo le tappe della vita descritte nella Prima Lettera, a quale tappa della vita appartiene il Profeta Maometto?

– Se fosse il Quarto livello, dovremmo dire che non sanno che sono morti?

– Se fossero al Quinto livello, la loro gioia e il loro piacere sarebbero inferiori?

– O forse diremo che essi saranno partecipi di tutte le benedizioni dell’aldilà nel grado più elevato?

– Quindi godono dei benefici di entrambi i livelli?

Risposta

Caro fratello/cara sorella,


– La vita ha cinque stadi:


1.


È la nostra vita.

Per poter sopravvivere, abbiamo bisogno di soddisfare bisogni essenziali come mangiare, bere e respirare.


2. Sono le vite di Hızır e Ilyas (pace sia su di loro).

possono trovarsi in più posti contemporaneamente. Non sono obbligati a mangiare o bere, ma mangiano, bevono e si mettono in situazioni imbarazzanti quando vogliono.


3.


Sono le vite di Idris e Gesù (pace sia con loro).

Queste persone si sono allontanate dai bisogni umani. Avendo raggiunto un livello simile a quello degli angeli, non hanno più alcun rapporto con noi.


4.


È la vita dei martiri.

Come afferma il Corano, non si dovrebbe considerare i martiri come morti, perché essi stessi non si considerano morti, ma vivi. E vivono in un livello diverso da quello dei defunti.


5.


Sono i livelli di consapevolezza spirituale dei discepoli di Kabir.

È un principio fermo, sancito dalla fede e dai versetti del Corano, che anche i morti si trovino in un livello di esistenza adeguato a loro.

(cfr. Nursi, Mektubat, Prima Lettera)

– Non c’è dubbio che la vita ultraterrena dei profeti sia superiore a quella dei martiri. Ma è possibile che,

“che non sapessero di essere morti”

in merito a questo, si riconosca un privilegio speciale ai martiri.

Tuttavia,

“La preferenza del meno preferibile al più preferibile”

come nel caso della regola, queste caratteristiche dei martiri li rendono

-haşa-

non gli conferisce una vita superiore a quella dei profeti.

– Sembra che i livelli di esistenza menzionati nel testo siano generalmente ordinati in una gerarchia. La situazione dei profeti e di alcuni santi potrebbe essere diversa. Ad esempio, un profeta (non essendo stato martire) potrebbe essere consapevole della propria morte, ma allo stesso tempo potrebbe essere destinato a una vita superiore a quella dei martiri.

Infatti, le parole che Ibn Hajar al-Haythami usò in risposta a una domanda confermano quanto abbiamo detto.


“Chi muore martire viene interrogato nella tomba?”

ha risposto alla domanda nel modo seguente:

“Come dice la stragrande maggioranza degli studiosi islamici, il martire non viene interrogato. Perché nel hadit si dice: ‘

L’effluvio delle spade che volteggiano sopra la testa del martire è sufficiente come prova/prova di fede.

“Significa che la domanda nella tomba serve a testare la fedeltà della fede delle persone. Il fatto che il martire non scappi dai non credenti e mostri pazienza di fronte alle spade è una dimostrazione della sua sincerità. Quindi non c’è bisogno di testarlo ulteriormente nella tomba. Se il martire non viene testato nella tomba, tanto meno dovrebbe esserlo colui che è Siddeeq (il più fedele). Perché il Siddeeq è più virtuoso e superiore al martire…”

(cfr. Ibn Hajar, al-Fatwa al-Kubra, 2/30)

Da questa dichiarazione di Ibn Hajar si evince che, a parte i profeti, non c’è alcun dubbio sulla fede e sulla lealtà e sincerità nell’Islam.

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Il grado di coloro che sono stati martirizzati è molto più alto di quello dei martiri, sia in paradiso che nel mondo intermedio (al-Barzakh).

– Possiamo anche osservare le luci che risplendono sul nostro argomento nei seguenti hadit:


“Dio ha proibito alla terra di corrodere i corpi dei profeti.”




(Abu Dawud, Salât: 201.)


“Non trasformate la mia tomba in un luogo di festa. Inviate a me saluti e benedizioni. Perché ovunque siate, i vostri saluti e le vostre benedizioni mi giungeranno.”


(Abu Dawud, Menasik: 97.)


“Ci sono angeli viaggiatori di Dio sulla terra che mi trasmettono i saluti della mia comunità.”


(Il giudice, 2/456)


Con saluti e preghiere…

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