– Ho paura ogni volta che penso alla morte.
– Come posso liberarmi di questa sensazione?
Caro fratello/cara sorella,
Ma se questo si manifesta come ossessione, al punto da disturbare il sonno, può portare alla disperazione. E la disperazione non è consentita.
Queste cose accadono secondo il comando e la saggezza di Dio. Bisogna fidarsi della Sua saggezza e misericordia, e considerare che la morte è certa e inevitabile, ma allo stesso tempo bisogna sempre cercare di essere preparati.
Bediuzzaman ha detto a riguardo:
(a causa dei problemi/delle difficoltà che si sono presentate)
La fede e il servizio a Dio sono la fonte di ogni bene, così come lo sono la fonte del coraggio. Ogni male, l’infedeltà e l’errore, così come la paura, derivano dalla stessa fonte. Il coraggio dei credenti e la paura degli infedeli sono chiaramente evidenti, soprattutto nelle battaglie. Il coraggio del credente si basa fondamentalmente su questi due principi.
La verità che il versetto rivela. In guerra, chi si trova in prima linea e chi in seconda linea è ugualmente vicino alla morte. Anzi, non c’è differenza di vicinanza o lontananza alla morte tra chi è al fronte e chi riposa a casa. Molti partecipano a molte battaglie e muoiono nel loro letto. Altri, invece, muoiono per la prima volta in guerra.
Il caso di Khalid ibn al-Walid è un ottimo esempio di ciò. Mentre trascorreva gli ultimi istanti della sua vita sul suo letto, disse a coloro che lo circondavano:
Per il credente, in battaglia ci sono due bei risultati: o il martirio, o la vittoria. Un credente che pensa così sarà certamente più coraggioso di un infedele che non ha tali aspettative.
Nel Nur Külliyatı si insegna che la fede è un’attribuizione, e ciò significa aver raggiunto la più grande fonte di coraggio.
È la porta di un mondo più bello. Proprio come un seme che entra nel terreno, apparentemente muore, putrifica e si dissolve. Ma in realtà sta passando a una vita più bella. Il seme passa dalla vita di seme alla vita di albero.
Allo stesso modo, una persona morta sembra entrare nella terra e marcire, ma in realtà raggiunge una vita più perfetta nel mondo dell’aldilà e della tomba.
Quando la lampadina si rompe, l’elettricità non scompare, ma continua ad esistere. Anche se non la vediamo, crediamo che l’elettricità sia ancora presente. Allo stesso modo, quando una persona muore, lo spirito lascia il corpo, ma continua ad esistere. Dio, conferendo allo spirito un abito più bello e adatto, permette che la sua esistenza continui nell’aldilà.
Per questo motivo, il nostro Profeta (pace e benedizioni su di lui),
con queste parole, ci annuncia l’esistenza della vita nell’aldilà e ci dice com’è.
Un credente che muore per una malattia incurabile è un martire. Questi martiri sono chiamati martiri spirituali. I martiri, invece, vagano liberamente nella vita di tomba. Non sanno di essere morti, pensano di essere ancora vivi. Sanno solo di vivere una vita migliore. Così ha detto il nostro Profeta (pace e benedizioni su di lui).
In altre parole, non si rendono conto di essere morti. Prendiamo ad esempio due uomini. In sogno si trovano insieme in un bellissimo giardino. Uno sa che è un sogno. L’altro non si rende conto che è un sogno. Chi prova un piacere più intenso? Naturalmente quello che non sa che è un sogno. Chi sa che è un sogno pensa: “Se mi sveglio adesso, questo piacere svanirà”. L’altro invece prova un piacere pieno e reale.
Ecco perché i normali defunti hanno un gusto incompleto, perché sono consapevoli di essere morti. Mentre i martiri, non essendo consapevoli della loro morte, ricevono un gusto completo.
Le anime dei credenti che muoiono senza subire il supplizio della tomba sono libere di vagare. Per questo motivo possono andare e venire da molti luoghi. Possono trovarsi in molti posti contemporaneamente. È possibile che si muovano tra di noi. Infatti, il signore dei martiri, Hamza (ra), ha aiutato molte persone, e ancora oggi ci sono persone che aiuta.
Gli spiriti, provenienti dal mondo degli spiriti, entrano nel grembo materno e da lì nascono nel mondo. Qui si incontrano e si vedono. Allo stesso modo, le persone di questo mondo, con la morte, nascono nell’aldilà e vi vagano. Come noi salutiamo chi parte da qui, così anche dall’aldilà ci sono coloro che accolgono chi parte da questo mondo. Speriamo che anche noi, in primis il nostro Profeta (pace su di lui), e tutti i nostri cari ci accolgano là. Basta che noi siamo veri servi di Dio.
Così come abbiamo accolto qui il neonato, spero che i nostri amici ci accoglieranno anche dall’altra parte, quando passeremo da qui. La condizione per questo è la fede in Dio, l’obbedienza a Lui e al Suo Profeta (pace e benedizioni su di lui) e morire nella fede.
Anzi, sotto diversi aspetti, è una benedizione per l’uomo. Prima di tutto, la morte è una liberazione. Una liberazione dal peso della vita che ci grava sulle spalle. Rappresenta un certo grado di libertà, di autonomia. Ad esempio, quando abbiamo compiuto un dovere, un compito che eravamo obbligati a svolgere, o quando un ostacolo ci impedisce di farlo, quel compito ci viene tolto di dosso e noi ci sentiamo sollevati. Così è anche la morte. Arriva in un momento inaspettato, in cui non ci aspettiamo, e ci libera dal peso della vita che non riusciamo più a portare.
Questa verità è espressa in un hadith: Un corteo funebre passò davanti al Profeta. Lo guardò e disse: I compagni chiesero. Il nostro Profeta (pace e benedizioni su di lui) spiegò:
La vita terrena, per sua natura, è piena di difficoltà, problemi, dolori e sofferenze. A volte diventa una prigione, soffocando l’uomo. La vita diventa insoportabile. Ma quando arriva la morte, spazza via tutte queste difficoltà e preoccupazioni. Inizia una vita gioiosa, ampia, senza sofferenze, eterna, senza dolori e preoccupazioni. Non è forse scritto nell’hadith? Perché il credente, grazie alla sua fede, raggiungerà nel paradiso ricchezze maggiori, e la vita terrena, rispetto all’aldilà, resterà come una prigione. Il non credente, invece, non trovando nel paradiso la comodità e le ricchezze del mondo, troverà questo mondo come un paradiso rispetto all’aldilà.
Con l’avanzare dell’età, superati i sessant’anni, la vita si fa più pesante, più difficile. L’udito e la vista si affievoliscono, le malattie e i dolori si susseguono. Tutti questi problemi avvicinano l’uomo alla morte. E l’anziano sa che solo la morte lo libererà da questi affanni. Comprendendo e accettando che la morte sia una benedizione per lui, trova un equilibrio. È una situazione così equilibrata che l’uomo cerca subito il suo significato. Significa che le sofferenze, le malattie, e persino l’arrivo dell’età avanzata prima della morte, non sono senza motivo. Queste situazioni suscitano in noi il desiderio di migrare nell’aldilà e di riunirsi con i nostri cari. Mentre si percepisce la benedizione della morte di fronte al peso e alle difficoltà della vita, comprendiamo anche l’infinità della misericordia di Colui che governa l’intero universo.
Ma, considerando che dovremmo convivere con un mondo infinitamente più popoloso di quello attuale e con sette, diciassette… generazioni precedenti, è necessario mitigare, in qualche misura, il nostro sguardo ostile verso la verità più immutabile. Nostro nonno, il nonno di nostro nonno e un numero incalcolabile di nonni e nonne… Se ognuno di loro fosse tormentato da una malattia e da un dolore diversi, quanto pesante e insopportabile sarebbe la vita per loro, e per noi, e quanto desiderabile sarebbe la morte. Proprio da questo punto di vista, si evince che la morte è una grande benedizione. Platone, parlando di morte, non esprimeva affatto un giudizio ingiusto.
Anche se fossero stipati uno accanto all’altro, non potrebbero contenersi nel mondo. Figuriamoci se dovessero stare seduti e disposti in modo casuale! Non resterebbe spazio per abitare, né per costruire, né per coltivare la terra, né per passeggiare. Questa è la situazione per un breve periodo di tempo. Come sarà la situazione e la condizione con il passare del tempo? Questo è lo stato di chi desidera la vita eterna, non vuole morire e pensa che sia possibile. Questo desiderio e questa convinzione sono il risultato dell’ignoranza. La morte, quando è un dono divino, non è una cosa cattiva. Ciò che è cattivo è averne paura. E chi ha paura della morte è colui che non conosce il suo vero volto.
Esiste una profonda somiglianza tra la morte e il sonno. Come il sonno è un riposo e una grazia per tutti, in particolare per i malati e coloro che soffrono, così la morte, sorella maggiore del sonno, è una benedizione e una grazia per chi soffre e per chi pensa al suicidio. Una persona paralizzata e costretta a letto, incapace di provvedere alle proprie esigenze, o un malato che non trova cura né rimedio, desidera la morte con tale intensità che, se ha un solo desiderio, è quello di raggiungere al più presto la grazia della morte. Lo stesso vale per chi tenta il suicidio. Se in tal caso la morte intervenisse, quell’individuo non solo si salverebbe da un grande peccato, ma non avrebbe neppure compromesso la sua vita eterna.
Vi consigliamo di leggere i suoi libri pubblicati da Zafer Yayınları.
Con saluti e preghiere…
L’Islam attraverso le domande